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Filogenesi della sensibilità

“Com'è venuta la ragione nel mondo? Come è giusto che arrivasse, in un mondo irrazionale, attraverso il caso. Si dovrà indovinare questo caso, come un enigma”.

Nietzsche

È sempre un piacere addentrarsi nelle sale della galleria z2o Sara Zanin, che ospita fino all’8 novembre la personale di Giovanni Kronenberg (Milano, 1974). È un piacere perché questa galleria dà conferma finora di un’intelligenza espositiva nell’allestimento (tutt’altro che ovvia), suggerita in quest’occasione da una lettura lineare e ampia dei concetti complessi dell’opera di Kronenberg.

L'artista colleziona oggetti ed elementi naturali rari, con i quali convive nel suo studio spesso per lunghi periodi, in attesa di operare su questi un minimo intervento che faccia oltrepassar loro la soglia del naturale/artificiale, senza alterarne la molteplicità degli aspetti che li caratterizzano originariamente.

Giovanni Kronenberg, 2016. Installation view. Courtesy of the Artist and the Gallery. Photo by Sebastiano Luciano

Sono in mostra oltre agli oggetti ritoccati (cristallo di rocca, spugne di mare raccolte a largo delle coste di Lampedusa, corno d’alce, torchio per la spremitura di olive del 1700, dente di capodoglio, pelliccia di muflone islandese, malachite) anche due disegni, funzionali e strettamente connessi ai reperti.

Scrive Alessandro Rabottini, nel testo critico della mostra, che la rarità dei reperti collezionati dall’artista è il filo rosso dell’intera sua opera e che “la rarità, si sa, ha una stretta relazione con il tempo, come se da esso discendesse, perché le cose rare sono, in un certo senso, quelle che sono sopravvissute”.

L’artista ha desiderio di possedere questa rarità, questi reperti sopravvissuti, non diversamente da quel che un infante opera con i primi oggetti che si ritrova tra le mani, come quando un neonato afferrando una ciocca dei capelli della madre avverte un primitivo richiamo, che in sé possiede dai millenni dell’età della pietra, in cui egli si aggrappava alla pelliccia della madre.

Filogenesi che sopravvive nel tempo. Attraverso gli oggetti è espresso l’istinto, attraverso gli oggetti l’essere umano muove le sue prime esperienze già nel periodo pre-natale, come per esempio lo sviluppo di una memoria uditiva primaria attraverso la percezione dei suoni.

Domandarsi allora dove origini il desiderio par una questione tutt’altro che marginale. Poiché chi desidera, desidera possedere qualcosa che ha perduto e allora si può parlare di memoria, più specificamente di memoria filogenetica.

Giovanni Kronenberg, 2016. Installation view. Courtesy of the Artist and the Gallery. Photo by Sebastiano Luciano



Argomento gustoso per lettori distratti che praticano ben volentieri letture frettolose, circa quest’argomento molto ci racconta la genetica attraverso il linguaggio scientifico, ma molto altro rimane un mistero, come misteriose alla fin fine rimangono le cause del sogno e quelle dell’immaginazione. Chi scrive, ad esempio, immagina il desiderio come una specie di ragno con moltissime lunghe zampe.

Visitare questa mostra è un tuffo in esperienze sensoriali che s’arrestano in due tempi, di fronte al segno grafico dei disegni, segno di esperienze acquisite, segno che il segno - e dunque la parola - è strettamente connessa alle esperienze sensoriali pregresse, raccolte nel calderone della memoria.


z2o galleria Sara Zanin [Roma, Via della Vetrina 21]

z2ogalleria.it

GIOVANNI KRONENBERG

15 settembre - 8 novembre 2016

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