E c’è chi dice che non esiste più la tradizione
Quattro improbabili slot machines accolgono il visitatore in una sorta di vestibolo che evoca le atmosfere di una sala giochi. Ma il loro aspetto è solo apparentemente ludico. Se ci si sofferma a osservarle esse assumono un carattere retorico, quasi rivelatorio, e nelle loro specifiche identità si fanno anticipatrici di un’ironica serietà.
La mostra intitolata NO(W) REGRETS, attualmente in corso al MLAC – Museo Laboratorio d’Arte Contemporanea dell’Università di Roma La Sapienza – pone infatti un quesito tutt’altro che ingenuo o scontato, anche se formulato con lapidaria chiarezza: è ancora possibile un confronto intelligente con il passato? I quattro giovani artisti in mostra – Alessandro Calizza, Cristiano Carotti, Marco Piantoni e Desiderio – forniscono risposte molteplici, soluzioni che, pur nella varietà delle scelte espressive, dimostrano uno stesso grado di maturità. Per questa singolare giuria il verdetto è affermativo e unanime, ma bisogna porre delle distinzioni.
Se il termine “classico”, allontanandosi sempre più dalla sua originaria nozione di “antico”, indica al giorno d'oggi una modernità che costantemente ricicla sé stessa e la sua storia (emblematici in questo senso sono gli utilizzi che se ne fanno nel campo della moda per conferire legittimità al cool e al trendy), è ora più che mai necessario indagarne le sfumature semantiche e le possibili declinazioni concettuali – le quali coprono un ampio spettro di significati che va dal “già stato” al “riutilizzabile” – per poter ridefinire criticamente l’attualità e affermare nuove identità artistiche che tengano conto di un passato immanente e del suo carattere di esemplarità senza però riproporlo in forme stanche e mute, bensì superandolo, in modo da stabilire un “oltre” che fissi ampi orizzonti piuttosto che delimitare angusti confini.
Con un atteggiamento volutamente dissacrante – quasi decostruttivo nella sua irriverenza – gli artisti del gruppo ULTRA si muovono compatti sul fronte di una critica salace ai presunti miti di oggi e di domani rivolgendo il loro rimprovero a credenze passatiste ormai stantie, a quelle ideologie e convinzioni che, proprio perché assurde (vista la loro inattualità), sono le più difficile da sradicare. Perciò all’urgenza correttiva corrisponde, sul piano creativo, una responsabilità di tipo propositivo.
No(w) Regrets, Mlac, 2016. Collage fotografico
Così, mentre i lavori di Carotti, pervasi da un senso di denuncia che non rinuncia alla sfera del politico, riflettono sull’assurdità della violenza celata (nascosta fin nel sacro, deviata da uno scudo antisommossa in plastica trasformato in una vetrata medievale o sublimata in teschi mortiferi alternati a calchi di estintori sullo sfondo di un’elaborata cornice coronata da cavalli apocalittici), le creazioni di Piantoni si collocano su un piano più concettuale i cui riferimenti spaziano dalla perdita dell’innocenza (un orsacchiotto gigante con cui nessuno vuole più dormire) alla società dei consumi (grottesche banconote in pelle di maiale), fino alle insulse pratiche fideistiche che forniscono labili appigli a vane e malriposte speranze (una panca invita a inginocchiarsi per rendere omaggio al sacro idolo del gratta-e-vinci). Più letterali sono invece le opere di Calizza, volte a mettere in discussione canoni e generi, in cui reperti archeologici (i marmi già mutili del Partenone) vengono recuperati solo per essere liquefatti nel rogo di una nuova Atene dalle tinte piatte e squillanti; sculture solide che, in seguito a un cambiamento di stato determinato da leggi fisiche impossibili, colano in una poltiglia grigiastra che copre una composizione di frutti (i resti pietrificati di una natura morta inappetibile). Infine i dipinti di Desiderio, condotti con una tecnica impeccabile, si pongono come interpretazioni trasgressive degli stereotipi della cultura popolare (una Puffetta invecchiata riconoscibile solo per la sua pelle blu) e sintesi figurativa delle angosce indotte da una società spregiudicatamente spettacolare (i cui inquietanti spettri e fantocci popolano un dittico dai toni orrorifici).
Punto fermo e carattere comune rimane l’anacronismo, che mescola formule e soggetti attinti – a piene mani ma con scrupolo – dall’inesauribile bacino del “prima” (la così detta tradizione, anche se forse sarebbe meglio dire al plurale tradizioni, poiché sempre relative e contestualizzate, sia geograficamente che cronologicamente) con temi e linguaggi originali propri sia di un “poi” (inteso come riflessione sul presente in quanto passato prossimo) che di un “dopo” (che invece presuppone un andare al di là per lasciarsi alle spalle, senza rinnegarlo, un passato ormai remoto).
Il rimpianto del titolo (ben lungi dall’essere malinconico) dovrebbe allora essere rivolto ai valori che stiamo perdendo e non a ciò che, consapevolmente, abbiamo deciso di abbandonare.
MLAC – Museo Laboratorio d’Arte Contemporanea dell’Università di Roma La Sapienza [Roma, Piazzale Aldo Moro 5 - Palazzo del Rettorato]
No(w) Regrets
ALESSANDRO CALIZZA, CRISTIANO CAROTTI, MARCO PIANTONI, DESIDERIO
A cura di Tommaso di Zijno
Dal 17 al 31 marzo 2016