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Through the Black Mirror - Il viaggio dei contrasti

Sono stratificati e progressivi i livelli di comprensione validi per indagare i lavori di Bruno Cerasi, livelli che si chiarificano percorrendo gli ambienti della White Noise Gallery. Le premesse estetiche sono già delineate nella prima installazione che si incontra, Paper Crimes, ottenuta lasciando libera una sagoma umana nella parete bianca, mentre tutt’intorno si diffondono nello spazio circa 400 stelle origami che sembrano conficcate nel muro come shuriken lanciati da un ninja o coltelli tirati per uno spettacolo circense. Un’opera di vuoto e di luce, risultato di un processo artistico che avanza “per via di levare”[1] fino ad arrivare all’essenziale nelle forme, nei materiali, nelle tecniche.

Nonostante tale carattere primario, gli elementi che costituiscono i lavori del giovane artista riescono sempre a celare significati molteplici e contrastanti nella loro articolazione dialettica. È il caso del candido mandala con una farfalla all’apice di ogni raggio, struttura lieve nell’aspetto, ma costruita utilizzando tubi di ferro che gettano un’inquietante ombra a forma di ragnatela sulla superficie chiara della parete.

Bruno Cerasi, Human Needs, installazione. Courtesy of White Noise Gallery

Di farfalle è tappezzata la piccola stanza che come una Wunderkammer ci accoglie al di là della porta. Il varco verso l’ambiente intimo e raccolto è evocato da un’esile telaio bianco da cui emanano candidi raggi e relative ombre scure. Le farfalle di Cerasi sono realizzate piegando semplici fogli di carta poi immersi nello smalto nero, rosa e grigio in varie gradazioni; solo una è interamente dipinta con la vernice dorata e solo un’altra rimane totalmente trasparente. Come un esercito della bellezza questi piccoli animali ingessati dallo smalto - che le immobilizza ma allo stesso tempo le rende così belle - ci ricordano che tutti viviamo in lotta tra il desiderio di volare lontano e l’impossibilità di movimento che ci condanna alla stasi.

Ma per il momento possiamo ancora camminare e uscire nel piccolo cortile della galleria, che ospita l’installazione più poetica dell’artista. Alzando lo sguardo osserviamo due camicie che fluttuano sopra alle nostre teste abbracciandosi teneramente. Ripensando alla dialettica freudiana heimlich/unheimlich[2], ciò che colpisce dell’installazione è che sembra vivere di vita propria, animata da un autentico pneuma, un vero e umano soffio vitale come se fossimo davanti a due persone in carne e ossa che casualmente possono volare e siano improvvisamente diventate invisibili.

Reduci dalla vertigine del vuoto che anima gli indumenti nel cortile, torniamo all’interno e ci troviamo di nuovo intrappolati, ingabbiati in claustrofobiche prospettive immaginarie, debitrici alla lontana delle città metafisiche di dechirichiana memoria, oppure dei progetti per città ideali immaginate dagli artisti di tutti i tempi. Le opere di questa sezione della mostra ci regalano complessi giochi di ombre tra i vetri lucidi e opachi sovrapposti l’uno all’altro e ci restituiscono inaspettatamente il nostro riflesso nel black mirror evocato nel titolo. Ma in ognuna è contenuto un elemento di libertà, la sagoma nera di un uccello sembra invitarci di nuovo a volare via, a scappare dal grigiore che costantemente ci intrappola.

Dettaglio Project Room. Photo by Piero Geminelli

A questo punto siamo pronti a confrontarci con le basi di tutto il lavoro, non solo di Bruno Cerasi, ma di qualsiasi artista, con le forme geometriche pure. Scendiamo nella Project Room e scopriamo un mondo primordiale, in cui platonici tetraedri di luce fluttuano nel buio amniotico che ci avvolge tutt’intorno. Siamo nello spazio puro e la luce di Wood ci aiuta a orientarci nell’ambiente, che non ha nulla di perfetto, ma di primordiale sì, a modo suo: è una cantina dalle volte di mattoni e dalla pianta irregolare che nonostante tutto si sposa alla perfezione con l’analisi spaziale razionale proposta dai solidi platonici, immateriali perché appartenenti al mondo delle idee [3].

Riemergendo dalle radici del pensiero razionale, comprendiamo più profondamente i significati stratificati del lavoro di Bruno Cerasi, che ci ha accompagnati in un viaggio immaginario partito col volo delle farfalle, attraverso il soffio vitale dell’uomo, fino ai primordi dell’arte (e) della conoscenza.

[1] Michelangelo Buonarroti ebbe a dichiarare di realizzare le sue sculture “per via di levare” e non “per via di porre”. Senza l’intenzione di instaurare improbabili confronti, si vuole qui solamente individuare una modalità di creazione artistica valida per qualsiasi epoca e qualsiasi tipo di arte

[2] è Freud a definire il significato di queste due parole in complessa contrapposizione tra loro e a ricordare il racconto di E. T. A. Hoffmann Der Sandmann a proposito dell’effetto perturbante provocato in noi dalla vista dei manichini (Sigmund Freud, Il Perturbante, 1919)

[3] Simili indagini spaziali sono peculiari delle ricerche ottiche e programmate della seconda metà degli anni Sessanta. Ricordiamo a titolo di esempio lo Spazio elastico (1967-1968) di Gianni Colombo, in cui una mobile rete di fili era visibile nel buio grazie alle luci di Wood. Più indietro nel tempo l’Ambiente spaziale nero (1949) di Lucio Fontana utilizzava la stessa luce per evidenziare sequenze lineari dei famigerati buchi sulle pareti dell’ambiente. Nell’installazione alla White Noise l’andamento puntiforme è ottenuto articolando le forme nello spazio non mediante linee, ma tramite un espediente che le fa sembrare disegnate da punti luminosi in successione

White Noise Gallery [Roma, Via dei Marsi 20/22]

whitenoisegallery.it

Through the Black Mirror

BRUNO CERASI

14 novembre 2015 - 09 gennaio 2016


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