Mettersi all’opera nei Ritratti al tavolo del Terzo Paradiso
Se sei depresso, stai vivendo nel passato.
Se sei ansioso, stai vivendo nel futuro.
Se sei in pace, stai vivendo nel presente.
Lao Tzu
Ritratti al tavolo del Terzo Paradiso, è l’occasione per Michelangelo Pistoletto di tornare a comporre su più orizzonti l’intreccio di quella linea principe scelta come immagine della sua estetica e del suo operare. Dal 2003, anno in cui presenta per la prima volta la sua sintesi grafica, la riflessione sulle metafore visive e concettuali insite nel simbolo del Terzo Paradiso è stata sempre più costante.
Adottata come chiave di sistema l’artista ha immaginato il suo enso come estensione del segno infinito matematico la cui struttura simmetrica trascesa in un infinito altro e possibile risolve il discrimine tra tutti i sistemi dialettici. Al primo cerchio, rappresentante l’Eden naturale, contrappone l’artificio, surrogato di questo primo mondo originario, e infine un terzo, mediano, dimensione ricreativa in cui l’Uomo si trova ad operare oggi, sospeso tra il primo luogo naturale perduto (il passato) e l’illusione della realtà artificiale (futuro).
La mostra già nella sua articolazione si pone come occasione per riflettere sull’idea di separazione e di continuità tra cose, luoghi e forse, ancora più significativamente, tempi. La grandezza è proprio quella di collocarsi nel tempo prezioso di un intervallo, in quella dimensione che pertiene al Kairos e che per sua natura è tempo aperto e pieno di possibilità in cui l’opera finita è già considerata nella sua naturale tensione alla compiutezza, possibile soltanto trascorrendo il confine liminare tra identità ed entità.
Il simbolo del Terzo Paradiso. Courtesy of Galleria Muciaccia
La mostra è in realtà una doppia esposizione nel senso che la sua osservazione offre almeno due temporalità a confronto. Nell’esposizione breve emerge il negativo di una mostra interamente costruita su la documentazione fotografica di un incontro avvenuto a giugno tra l’artista e altri convitati. Nella lunga esposizione le opere presenti dialogano con i noti quadri specchianti, la cui genesi rimonta agli esordi della carriera dell’artista quando Pistoletto, come un moderno Narciso, riesce ad ottenere la meglio sul Mito e alla ricerca del suo autoritratto non incontra soltanto un possibile se stesso, ma incontra l’altro.
La superficie pittorica realizzata in acciaio inossidabile non è più il piano verticale atto ad accogliere lo sguardo, ma è la superficie del disinnesto in cui l’immagine come un ricordo rimbalza alla realtà al di fuori del quadro, mescolando il campo e il controcampo in un solo colpo d’occhio.
Rispetto alle prime opere le figure non sono più generalità colte furtivamente, silhouette decontestualizzate, ma particolari individui che si mostrano frontalmente con l’unica separazione inclusiva di un tavolo, il piano ricoperto da una tovaglia raffigurante con foglie di alloro il simbolo del Terzo Paradiso, indice in mostra del momento di condivisione che l’artista ha programmaticamente ricercato con i suoi ritratti.
A ragione dunque Achille Bonito Oliva definisce Pistoletto un “artista a responsabilità illimitata” perché nel suo operare ad ampio raggio si realizza il superamento di un certo individualismo che vede sostituita la dimensione solipsistica dell’artista solo ai valori positivi e sociali della condivisione e dello spirito di cooperazione.[1]
L’evento inaugurale del 5 novembre – svoltosi come il convitto di giugno nei locali della galleria Muciaccia – è il momento chiave per comprendere le opere nel centro del loro principio mimetico e viverle nell’attimo di attivazione al mondo, quando le persone che figurano nello specchio abitano al tempo stesso lo spazio reale della galleria. In quell’unico momento, in presenza dell’artista, la mostra diviene teatro, luogo in cui si vede il ricomporsi della visione e della veduta nello spettacolo che prende forma.
Allo spettatore infatti, sebbene sia concesso soltanto controtempo di ritrovarsi insieme ai convitati, è anche lui ritratto al tavolo del Terzo Paradiso e nel quadro invitato a partecipare al gioco delle apparenze, in una duplice visione sospesa tra immaginazione e realtà come accade nel “se fosse”, il gioco cui tutti giocavamo da bambini e che più o meno consapevolmente continuiamo a giocare per tutta la vita.
Quanto a me, entrata per gentile concessione, è stato divertente smangiucchiare un delizioso cartoccio di caldarroste e sorprendersi a poter esercitare la vista in prove di riconoscimenti iconografici, sperimentando per la prima volta la meraviglia di quella famosa citazione di Michael Fried che recita: “presentness is grace”.
[1] Achille Bonito Oliva, La parola socratica dell’arte: Il Terzo Paradiso, Michelangelo Pistoletto “Ritratti al tavolo del Terzo Paradiso", catalogo della mostra, 5 novembre – 7 gennaio 2015, Roma, Galleria Muciaccia, Carlo Cambi editore, pag. 39
Galleria Muciaccia [Roma, L.go della Fontanella Borghese 89]
galleriamuciaccia.com
Ritratti al Tavolo del Terzo Paradiso
MICHELANGELO PISTOLETTO
06 novembre 2015 - 07 gennaio 2016