National emotional crisis
C’era una volta un luogo dove l’arte si raccontava ancora dal punto di vista dell’oggetto e dove, tra un qui e un lì ristabilito da un vetro, il limite della separazione diveniva potenza espressiva.
No, non è un’allusione ai possibili mondi racchiusi in uno schermo, ma a qualcosa oltre, di più (o meno) tangibile.
Emotional crisis, 2015. Courtesy of Zoo Zone Art Forum
Quante volte vi sarà capitato di passare a Vicolo del Cinque, nel cuore di Trastevere, e rimanere incuriositi dalle installazioni del civico 23? Uno spazio minimo e spesso inosservato, la cui particolarità è quella di essere concepito come una vetrina che instaura relazioni con l’esterno esclusivamente attraverso un’architettura di vetro.
Per anni questo inviolabile pertugio, che in più di vent'anni di attività ha accolto artisti di fama internazionale, ha rappresentato un luogo speciale nel quale, senza che null’altro fosse richiesto, l’anima poteva per un momento guardarsi dentro e trovare ispirazione e ristoro.
Il vetro, con le sue infinite potenzialità interattive, è stato interpretato nei modi più svariati, di volta in volta assolvendo funzioni diverse a seconda delle volontà espressive dell’artista. L’ho visto farsi pagina macchiata d’inchiostro oltre la quale prendere forma la visione olografica della prigionia del Marchese de Sade; l’ho visto tramutato in un dispositivo-soglia in grado di realizzare visivamente il cortocircuito che avviene solo quando si incontrano il desiderio e l’anima, l’ho visto unico portale capace, oltre il mero voyerismo, di ristabilire il punto di vista unico di una prospettiva comune. E queste sono solo alcune opere esemplari che ho avuto la fortuna di veder apparire [1].
Questo epifanico luogo era “Edicola Notte" probabilmente il più suggestivo space artist della capitale, uno tra i più importanti nuclei di ricerca e riscoperta, almeno fino a quando il suo fondatore H.H. Lim non ha scelto di arrendersi alle avversità di una città indomita, interrompendone l’attività espositiva.
Per comprendere meglio lo spirito dell’artista che resiste con l’unico strumento dell’arte, credo bisogna ripartire da qui. E’ da questo sentimento diffuso di crisi che prende corpo e senso ancor più compiuto la tragica riflessione di Emotional crisis, in cui Lim negli spazi espositivi della Zoo Zone continua a riflettere sul senso vero dell’operare artistico tentando di compiere quel difficile raccordo tra realtà e idealità, tra l’urgenza di elaborare una propria esperienza personale e le problematiche che invece investono violentemente la dimensione pubblica.
Nell’immaginare questa meravigliosa catarsi, è come se l'artista volesse mostrarci il mondo oltre il grande vetro che visivamente dava accesso all'opera, accogliendoci in uno spazio sollevato dal sensibile eppure intriso profondamente delle questioni esiziali di un mondo al tempo stesso finito e irrisolto, fisico e metafisico. Composto come una superficie all over coperta da ingrandimenti sgranati di immagini tratte dal mondo dell'informazione mediatica, il pavimento è la prima cosa con la quale si ha la necessità di confrontarsi. I grandi riquadri che ne costituiscono il pattern mostrano fragorose scene popolari del continente africano; frammenti ritagliati da storie più ampie, visioni ravvicinate di volti che manifestano all'unisono e memorie di viaggi compiuti verso le coste di una terra sicura denunciano solo esplicitamente l’andar bieco del mondo. Il rumore che ne proviene è assordante e l’inquietudine che sorge all’idea di calpestare irrispettosamente i diritti di tutte queste vite umane si acquieta soltanto quando il piano si sintetizza entro lo spazio discorsivo e simbolico di un tappeto che incornicia la Storia seguendo i lati irregolari della stanza.
La conversione di un punto di vista tragico è stata operata: il visitatore è condotto dal grado più oscuro di un sentimento generale di decadenza alla possibilità di contemplare le cose da una prospettiva sovraindividuale, sia esso un luogo sacro di preghiera, la casa dell’anima o la sede rivelata del nous.
Il rumore e il caos del mondo ordinano il dialogo e l’atto di conversare diviene l’unico modo per iniziare all’azione maieutica lo spettatore.
Il sentimento della fine, la morte, la vita, l’arte e l’origine del cosmo sono soltanto alcuni dei temi che lo spazio trasceso di Lim suggerisce per condurre lo spettatore a tessere le proprie ragioni, chiamando – come le parole stesse dell'artista esortano – ognuno “a fare la sua parte e lottare per la libertà”[2].
Lim ci ha sorpresi, ma l’analisi alla quale sottopone se stesso e il mondo, condotta con la coscienza artistica di una visione matura, ha ancora molto da chiarire. Dunque, siate pazienti, recatevi alla Zoo Zone Art Forum a guardare con i vostri occhi Emotional crisis perché su quel che l’uomo non può insegnare e razionalmente comprendere, si impone il silenzio e si schiude l’immagine.
L’impossibilità di poter giustificare il senso originario della presenza di una padella con un uovo al tegamino posta sotto il piede di una panca di legno è la probità di questo limite comune.
[1] In ordine di citazione: Gianfranco Baruchello, D.A.F. Il Marchese de Sade - Una lettera, 2011; Luca Pancrazi, La linea del desiderio incontra quella dell’anima, 2006; Huang Yong Ping e Shen Yuan, Garofalo, 2010
[2] http://roma.repubblica.it/cronaca/2015/03/20/news/un_malese_a_roma_storia_di_h_h_lim_e_di_edicola_notte_spazio_d_arte_e_idee
Zoo Zone Art Forum [Roma, Via del Viminale 39]
zoo-zoneroma.blogspot.it
Emotional crisis
H. H. LIM
15 ottobre 2015 - 10 gennaio 2016