top of page

Homo sum, humani nihil a me alienum puto

Salvatore Arancio, Francesco Ardini, Svenja Deininger, Jay Heikes, Mimi Lauter, Karthik Pandian e Andrea Sala espongono fino al 14 novembre alla Federica Schiavo Gallery, nella suggestiva cornice noir di Piazza di Montevecchio. Si tratta di lavori recenti, per lo più realizzati nell'ultimo anno.

S. Arancio, F. Ardini, S. Deininger, J. Heikes, M. Lauter, K. Pandian, A. Sala, installation view, 2015. Courtesy of Federica Schiavo, photo by Giorgio Benni

La collettiva, allestita nelle tre sale della galleria, si apre con l’opera di Mimi Lauter (San Francisco, 1982), un pastello a olio su carta definito dall’artista “miniatura” in rapporto alle sue opere di grande dimensione. Questo piccolo monito esistenziale carico di lirismo ci appare di sorpresa dal corridoio appena voltato l’angolo per entrare nella sala, con l’avvertenza del titolo Moon watching us watching the moon (2015).

Nella prima sala è collocata una grande tela dell'austriaca Svenja Deninger (Vienna, 1974) Untitled (2015), esposta in occasione della sua recente personale nei medesimi spazi che ora ospitano la collettiva. Poiché l'opera varca i confini della pittura ma non della cornice, l’invisibile dialogo con l’ambiente resta incorniciato “tuttavia” da geometrie certe. Abita il vuoto una porzione di spazio in quella cornice, l’assenza della tela insiste sulla sua presenza, dove il pieno geometrico delle forme convive con una parte di quel vuoto.

Karthik Pandian (Los Angeles, 1981) presenta una scultura in bronzo somigliante a una conchiglia, o all'interno di un orecchio. L’opera rappresenta un luogo accogliente nelle forme ma respingente per via della lavorazione del materiale: il metallo infatti, nella sua faccia superiore, rinfrange la luce come uno specchio e la respinge frammentando gli spazi. Questa tensione tra forma e materia gioca un ruolo fondamentale nel lavoro di Pandian.

​​

Francesco Ardini (Padova, 1986), allestisce nella sala della galleria un piccolo museo di archeologia: gesso e stampi in gesso campeggiano sul pavimento. Da sempre l’immagine è legata all’idea della morte e l’arte, dalla maschere funerarie alla scultura, si è sempre proposta di rappresentare ciò che l’uomo, nella sua vitalità, sente ma non riesce a pensare, secondo un principio che Erich Fromm definì con queste parole: “L'uomo è l'unico animale per il quale la sua stessa esistenza è un problema che deve risolvere”[1]. Questo rapporto tra immagine e morte sembra essere evocato nelle opere di Ardini e nella sua volontà di trasformare i resti di un manufatto archeologico.

Andrea Sala (Como, 1976), espone due opere: una stampa dal titolo Italia Verde, Italia Grigia (2015) e un bassorilievo in travertino, Opera House (2015). Le costruzioni formali della stampa riecheggiano certa avanguardia Novecentesca, ma in questo caso l’originalità risiede nella scelta estetica operata dall’artista, che utilizza un materiale industriale (il poliuretano espanso) ponendolo sapientemente a dialogare con la tradizione. In Opera House invece la forma antica (il bassorilievo) dialoga con l’innovazione tecnica del Bondo, uno stucco chimico.

Jay Heikes (Princeton, 1975) presenta Music for Minor Planets (Aomame), un grande disegno realizzato nel 2014 con grafite e pigmenti naturali su carta, che sembra un pentagramma distorto, un luogo simbolico di migrazioni, una rappresentazione del tempo e dei segni che l’uomo cerca di lasciare al suo passaggio.

Infine Salvatore Arancio (Catania, 1974) espone una serie di ceramiche smaltate e tre tele, realizzate con tecnica mista. Le sue opere ci riconsegnano il fantasma dell’erotismo attraverso la “desublimazione” operata dall’artista per mezzo delle immagini; l’eros de-erotizzato della nostra ultramoderna società consumistica, tecnologica e meccanizzata, impulso che ha perso la sua potenza originaria straordinaria - perdendo l’essere umano quell’ambiente primariamente puro che re-interpretava la sua energia libidica -, si ricarica. Attraverso l'ingigantimento di forme naturali nell’immagine, l’artista provoca un'alterazione delle percezioni nel visitatore evocando in lui potenti forme simboliche e archetipali, nello specifico scegliendo immagini di funghi, estrapolate da un vecchio libro di micologia.

[1] Erich Fromm, Dalla parte dell'uomo. Indagine sulla psicologia della morale, Astrolabio Ubaldini, 1971, p. 33

Federica Schiavo Gallery [Roma, Piazza di Montevecchio 16]

federicaschiavo.com

Collettiva

SALVATORE ARANCIO, FRANCESCO ARDINI, SVENJA DEININGER, JAY HEIKES, MIMI LAUTER, KATHIK PANDIAN, ANDREA SALA

16 settembre - 14 novembre


bottom of page